Tatuaggi


Questa pagina sarà dedicata all'arte dei tatuaggi fatta da grandi maestri italiani e da tutto il mondo.


STORIA DEI TATUAGGI


Tatuaggio

Il tatuaggio (dal polinesiano "tatau") è sia una tecnica di decorazione (più spesso di pittura) corporale dell'uomo, sia la decorazione prodotta con tale tecnica. Tradizionalmente la decorazione è destinata a durare permanentemente, ma in tempi recenti sono state inventate tecniche per realizzare tatuaggi temporanei.
Nella sua forma più diffusa, la tecnica consiste nell'incidere la pelle ritardandone la cicatrizzazione con sostanze particolari (più precisamente è chiamata scarificazione) o nell'eseguire punture con l'introduzione di sostanze coloranti nelle ferite.

Origini del tatuaggio 

Il tatuaggio è stato impiegato presso moltissime culture, sia antiche che contemporanee, accompagnando l'uomo per gran parte della sua esistenza; a seconda degli ambiti in cui esso è radicato, ha potuto rappresentare sia una sorta di carta d'identità dell'individuo, che un rito di passaggio, ad esempio, all'età adulta.
Tatuaggi terapeutici sono stati ritrovati sulla Mummia del Similaun (ca. 3300 a.C.) ritrovata nel 1991 sulle Alpi italiane, altro ritrovamento con tatuaggi anche piuttosto complessi è quello dell'"uomo di Pazyryk" nell'Asia centrale con complicati tatuaggi rappresentanti animali. Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio fu l'Egitto ma anche antica Roma, dove venne vietato dall'imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al Cristianesimo ("Non vi farete incisioni nella carne per un defunto, né vi farete tatuaggi addosso. Io sono il Signore" Levitico 19.28'). È peraltro da rilevare che, prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita e, successivamente religione di Stato, molti cristiani si tatuavano sulla pelle simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale.
È inoltre attestata nel Medioevo l'usanza dei pellegrini di tatuarsi con simboli religiosi dei santuari visitati, particolarmente quello di Loreto. Fra i cristiani la pratica del tatuaggio è diffusa fra i copti monofisiti. Col tatuaggio i copti rimarcano la propria identità cristiana, i soggetti sono solitamente la croce copta, la natività ed il Santo Mar Corios, martirizzato sotto Diocleziano e rappresentato in sella ad un cavallo con un bambino. La Religione ebraica vieta tutti i tatuaggi permanenti, come prescritto del Levitico (Vaikrà) (19, 28). In particolare, l'Ebraismo vieta ogni incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di altro materiale che lasci una traccia permanente. Anche la Religione musulmana vieta tutti i tatuaggi permanenti, come spiegato da diversi ahadith del profeta Maometto, sono consentiti solo i tatuaggi temporanei fatti per mezzo dell'henna, pigmento organico di color rosso-amaranto, ricavato dalla pianta della "Lawsonia inermis", "Henna" in arabo. Nella tradizione araba e anche in quella indiana sono le donne a tatuarsi con l'henna, sia le mani che i piedi; molte spose vengono completamente tatuate per la loro prima notte di nozze, infatti la sera prima delle nozze viene chiamata "Lelet al Henna" (la notte dell'henna). I tatuaggi d'henna sono estremamente decorativi, quasi sempre con motivi floreali stilizzati; quelli molto elaborati finiscono per sembrare delle opere d'arte che hanno la durata media di qualche settimana di vita. Gli uomini musulmani, specialmente i fervidi praticanti sunniti, usano l'henna per tingersi i capelli, la barba, il palmo delle mani e dei piedi; agli uomini non è consentito fare tatuaggi decorativi neanche con l'henna. Comunque c'è da dire che tra i contadini egiziani (usanza molto probabilmente derivante dall'Antico Egitto) ed i nomadi musulmani (per lo più quellisciiti) sia le donne che i bimbi particolarmente belli, vengono tatuati in maniere permanente con piccoli cerchietti o sottili linee verticali, sia sul mento che tra le due sopracciglia. È un'usanza di tipo scaramantica, infatti il colore con cui si tatuano è l'azzurro, il colore scaramantico per eccellenza fin dal tempo dei faraoni.
Altri popoli che svilupparono propri stili e significati furono quelli legati alla sfera dell'Oceania, in cui ogni particolare zona, nonostante le similitudini, ha tratti caratteristici ben definiti. Famosi quelli Maori, quelli dei popoli del monte Hagengiapponesicinesi e gli Inuit anche se praticamente ogni popolazione aveva suoi caratteristici simboli e significati.
Nella zona europea il tatuaggio venne reintrodotto successivamente alle esplorazioni oceaniche del XVIII secolo, che fecero conoscere gli usi degli abitanti dell'Oceania. Alla fine del XIX secolo l'uso di tatuarsi si diffuse anche fra le classi aristocratiche europee, tatuati celebri furono, ad esempio, lo Zar Nicola II e Sir Winston Churchill. È da segnalare che il criminologo Cesare Lombroso ritenne, in un'epoca di positivismo, essere il tatuaggio segno di personalità delinquente. La diffusione del tatuaggio in tutti gli strati sociali e fra le persone più diverse negli ultimi trent'anni relega tali considerazioni criminologiche a mera curiosità storica.

Il tatuaggio in Italia 

La pratica del tatuaggio era diffusa già nell'Italia preistorica come testimonia la mummia di Oetzi, i cui resti sono stati rinvenuti nel ghiacciaio del Similaun nel 1992. Le testimonianze sull'effettiva continuità della pratica del tatuaggio sono sporadiche: Plinio e Svetonio testimoniano che gli schiavi romani venivano marchiati con le iniziali del proprio padrone o, nel caso fossero stati sorpresi a rubare, erano marchiati a fuoco sulla fronte. Lo stesso supplizio venne inflitto ad alcuni martiri cristiani. I soldati romani invece, furono influenzati dalle usanze dei Britanni, con i loro corpi dipinti, e dei Traci, feroci gladiatori spesso, al punto che i legionari iniziarono a tatuarsi il nome dell'Imperatore, sebbene la pratica fosse malvista dalle autorità. Il fatto che Costantino nel 325 d.c. abbia proibito il tatuaggio sul viso ai cristiani di tutto l'Impero Romano perché “deturpava ciò che era stato creato ad immagine di Dio” fa pensare che ci fosse l'abitudine da parte dei primi cristiani di marchiarsi per testimoniare la propria fede.
Il tatuaggio venne di fatto definitivamente proibito da Papa Adriano I nel 787 durante il Concilio di Nicea e tale veto venne ribadito da successive bolle papali, tanto che questa pratica scompare in ogni cronaca del tempo. Nonostante il divieto ufficiale, l'abitudine a segnare indelebilmente il corpo sopravvisse, spesso in clandestinità, sopratutto nelle classi meno abbienti, fra i soldati e in alcuni luoghi di culto cristiani come il Santuario di Loreto. Qui, fino alla metà degli anni Cinquanta, esistevano i frati marcatori, ovvero frati che incidevano piccoli segni devozionali fra i pellegrini. I segni tatuati nel Santuario di Loreto venivano effettuati sui polsi o sulle mani ed erano simboli cristiani o soggetti “amorosi”. Gli attacchi dei pirati inducevano anche gli abitanti della costa a tatuarsi segni cristiani poiché, in caso di morte violenta, sarebbero stati riconosciuti come fedeli e dunque sepolti in terra consacrata. Anche le vedove si tatuavano, in ricordo del defunto, soggetti come il teschio con le tibie incrociate, il nome del morto o la frase “memento mori”. L'inizio della tradizione dei marcatori di Loreto non ha date precise ma si hanno testimonianze di questa pratica già alla fine del XVI secolo. Spesso anche i Crociati o i pellegrini in visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme usavano tatuarsi simboli cristiani poiché, nel timore di essere assaliti e spogliati di ogni bene, anche oggetti sacri, potessero garantirsi una sepoltura in terra sacra.
Il tatuaggio riemerge dall'ombra nella seconda metà del XIX secolo, con la pubblicazione, nel 1876, del saggio “L'uomo delinquente di Cesare Lombroso”. Egli mette in stretta correlazione il tatuaggio e la degenerazione morale innata del delinquente: il segno tatuato è fra quelle anomalie anatomiche in grado di far riconoscere il tipo antropologico del delinquente. Il delinquente nato mostra specifiche caratteristiche antropologiche che lo avvicinano agli animali e agli uomini primitivi e l'atto di tatuarsi di criminali recidivi è sintomo di una regressione allo stato primitivo e selvatico. L'uomo delinquente però è anche un catalogo approfondito di tutte le tipologie di tatuaggio che potevano essere reperite all'epoca: il saggio è ricco di descrizioni di tatuaggi e delle storie degli uomini che li portano, soldati ma principalmente detenuti, criminali e disertori, fornendo così un ampio squarcio sulle usanze del tempo. In seguito alla diffusione delle teorie di Cesare Lombroso, il tatuaggio subisce un'ulteriore censura ed è per questo che, contrariamente ad altri paesi occidentali, non nascono studi e botteghe professionali fino alla fine degli anni '70. Malgrado ciò il tatuaggio viene praticato sia in alcuni luoghi specifici come il Santuario di Loreto e sia presso le famiglie aristocratiche, tra cui spiccano i Savoia e i D'aosta. Fra questi Amedeo di Savoia-Aosta eroe di Amba Alagi, Aimone di Savoia re di Croazia e sua Moglie Irene di Grecia, Elena di Francia moglie di Emanuele di Savoia-Aosta, Vittorio Emanuele, Maria Beatrice e Maria Gabriella figli di Umberto II di Savoia
Dalla fine degli anni '60 - inizio anni '70 in poi la cultura del tatuaggio ha conosciuto una progressiva diffusione, prima nelle sottoculture giovani hippy e fra i motociclisti e poi ha conquistato lentamente ogni strato sociale e ogni fascia d'età. Fra gli anni '70 e gli anni '80 si affacciano sulla scena italiana i primi tatuatori professionisti, artisti pionieri della tattoo art in questo paese: a Milano Gian Maurizio Fercioni che apre il suo Queequeq Tattoo in zona Brera nel 1970; Mino Spadaccini, che apre il suo primo studio, sempre a Milano, nel 1971; Gippi Rondinella che inizia con il Tattoo Art Studio di Fregene e poi, nel 1986, fonda a Roma il primo studio della città, il Tattooing Demon Studio; Ciccio Panzacchi che lavora a Bologna fin dagli anni '70; Tommaso Buglioni, Tom Tattoo, ad Ancona, attivo fin dal 1982 e collaboratore dell'iniziativa editoriale “Il Segno di Caino” con Gippi Rondinella nel 1985, che apre il suo studio su strada nel 1987; a Bologna Marco Leoni, che poi si trasferirà a San Paolo dove aprirà, nel 1980/81 un tattoo studio con Ciccio Panzacchi, e Marco Pisa; Giorgio e Nando Marini a Torino. La prima tattoo convention internazionale italiana si tenne a Roma, ai Mercati Traianei nel 1985 organizzata (con il patrocinio di Renato Nicolini e l'Assessorato alla Cultura di Roma) da Simona Carlucci,Giorgio Ursini Ursic (dello Studio i) e Don Ed Hardy; da quell'esperienza nacque il testo “Dall'asino alla zebra”. A quel raduno internazionale parteciparono i massimi esponenti del mondo del tatuaggio di allora, da Kandi Everett a Horiyoshi III e Don Ed Hardy.

Tipologia 

I tatuaggi possono essere di vario tipo:
·        Tatuaggio all’henné: è un tatuaggio non permanente, caratterizzato dall'applicazione di un impasto sulla pelle.



·        Tatuaggio solare: caratterizzato dall'applicazione di una sostanza foto-impermeabile, specifici costumi o adesivi  in modo che durante l'abbronzatura tale prodotto una volto rimosso lasci la pelle più chiara, formando un disegno chiaro.





·        Tatuaggio ad ago: questa è la forma più conosciuta, dove tramite un ago si introduce dell'inchiostro nella pelle, come risultato si ha un disegno che a seconda della miscela può essere permanente o temporaneo.



Tecniche di tatuaggio

Gli Inuit usano degli aghi d'osso per far passare attraverso la pelle un filo coperto di fuliggine (la china, che artigianalmente e impropriamente si adopera per lo scopo è in fin dei conti una sospensione acquosa di fuliggine).
Nelle zone oceaniche (Polinesia, Nuova Zelanda) il tatuaggio viene eseguito tramite i denti di un pettine di osso che fermato all'estremità di una bacchetta (formando così uno strumento di forma simile a un rastrello), e battuto tramite un'altra bacchetta, forano la pelle introducendo il colore, ottenuto quest'ultimo dalla lavorazione della noce di cocco.
I giapponesi, con la tecnica detta "tebori", usano sottili aghi metallici e pigmenti di molti colori, ed introducono nella pelle sostanze di natura chimica diversa e di colore diverso. La tecnica giapponese prevede che gli aghi, fissati all'estremità di una bacchetta che viene fatta scorrere avanti e indietro (di forma simile a un sottile pennello), siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza rispetto alla tecnica polinesiana, ma comunque in modo abbastanza doloroso.
In Thailandia e Cambogia è in uso una tecnica, simile a quella giapponese, nella quale vengono utilizzate una diversa posizione delle mani del tatuatore e una bacchetta di lunghezza maggiore. L'angolo di introduzione degli aghi nella pelle è meno obliquo rispetto alla tecnica giapponese, ma il movimento della bacchetta è meno vigoroso.

Il tatuaggio occidentale viene invece eseguito tramite una macchinetta elettrica, cui sono fissati degli aghi in numero vario a seconda dell'effetto desiderato; il movimento della macchinetta permette l'entrata degli aghi nella pelle, i quali depositano il pigmento nel derma.
Infine, la tecnica americana (che è diventata la tecnica occidentale) che ricorre alla macchinetta elettrica ad aghi, determina sensazioni calde, vibranti, ma non eccessivamente dolorose, in alcuni casi più' che dolore può essere definito un forte fastidio ma è dipendente comunque dalla sensibilità al dolore del soggetto e dalla zona corporea interessata. La componente della sofferenza segna una netta spaccatura tra il tatuaggio odierno, di stampo occidentale, e quello del passato, diffuso in Asia, Africa ed Oceania.
In tali contesti l'esperienza del dolore (che da noi viene rifiutata: qui è richiesta solo la tecnica americana) è fondamentale, in quanto avvicina l'individuo alla morte e la sopportazione del dolore diventa esorcizzante nei confronti della stessa. Oltre all'esperienza del dolore, è indispensabile la perdita di sangue. Il sangue è l'indicatore per eccellenza della vita: spargere sangue, in modo controllato e ridotto, quando si esegue un tatuaggio, significa simulare una morte simbolica. Tuttavia, la perdita di sangue durante il tatuaggio è presente in tutte le tecniche che prevedano un'incisione indelebile, è quindi presente anche se in misura contenuta nella stessa tecnica americana con macchinetta elettrica.
Tra le sostanze più usate ci sono il cinabro (usato per il rosso), il cromossido (per il verde) e il cobalto (per il blu) o polveri fini di minerali, oro o argento.

Tecniche di eliminazione 

Il trattamento più diffusamente usato per la rimozione dei tatuaggi è di tipo chirurgico e il metodo con migliori risultati per la rimozione di essi è tramite laser. Trattamenti alternativi possono essere la dermoabrasione o la crioterapia.
L'alternativa all'eliminazione totale tramite laser, molto spesso con costi esorbitanti, è la Cover up , cioè la sovrapposizione al vecchio tatuaggio indesiderato di un nuovo soggetto (solitamente leggermente più grande e più elaborato del vecchio) eseguito da un professionista riconosciuto.


·        Laser 

·        Cover up



I rischi sanitari 

Più o meno grandi, con o senza scritta, i tatuaggi tradizionali durano per sempre, ma con il passare degli anni si schiariscono se non sono eseguiti da un professionista; non provocano in genere effetti collaterali, raramente però si possono verificare delle allergie alle sostanze coloranti usate.
In ogni caso è sempre preferibile il ricorso ad esperti che operino in ambienti adatti, in condizioni igieniche ottimali ed utilizzino strumentazione monouso, dal momento che in caso contrario esiste il rischio di contrarre infezioni anche assai gravi, fra le quali l'epatite B e C, il tetano, l'AIDS, la lebbra e le infezioni cutanee da stafilococco. In letteratura sono riportati casi di correlazione statistica fra l'esecuzione di un tatuaggio ed il manifestarsi di una sarcoidosi (Fonte: " Enciclopedia Medica Italiana " Ed. USES, voce " Tatuaggio " ). È stata altresì rilevata una correlazione statistica tra esecuzione di tatuaggio e comparsa di pseudolinfomi. È recente l'allarme per il possibile impiego di inchiostri contenenti O-Toluidina ovvero 2-Nitroanilina composti appartenenti alle ammine aromatiche, sostanze aventi proprietà carcinogene.

Trattamento post-esecuzione del tatuaggio 

La prassi di guarigione per un tatuaggio consiste normalmente nell'applicazione di un bendaggio (spesso direttamente allo studio del tatuatore) da rimuoversi dopo 1-3 ore per sciacquare (possibilmente con sapone neutro) eliminando il colore in eccesso. Da quel momento si consiglia di far prendere aria al tatuaggio e di coprirlo più volte al giorno con un sottilissimo velo di pomata lenitiva e protettiva (Bepanthenol, oppure è recentemente provato che il BIAFIN o BIAFINE permette di ottenere risultati migliori sulla cura della pelle tatuata). Anche la scelta del prodotto dipende dal consiglio del tatuatore ed è ancora largamente diffuso l'uso della vaselina e di creme di tipo "Nivea idratante" o simili. Il tatuaggio deve essere lavato quotidianamente e guarisce completamente in 20-30 giorni.
Durante la prima settimana è raccomandata generalmente l'astensione dall'esporsi ai raggi solari, dal praticare bagni in piscine pubbliche o in mare e dal rimuovere eventuali crosticine che possono venire a formarsi.
Generalmente però si rimanda ai consigli per curare il tatuaggio che il tatuatore dà al termine del proprio lavoro, mentre l'intervento di un medico subentra ove si creino complicazioni di varia natura nel processo di guarigione

Reazioni allergiche 

Le reazioni allergiche ai pigmenti contenuti nei colori sono rare, eccetto per alcuni tipi di rossi (cinabro, composto del mercurio) e verdi. La pelle di persone allergiche ad alcuni metalli può reagire ai pigmenti gonfiandosi, con prurito e con la fuoriuscita di pus. Tali reazioni appaiono di rado, tuttavia è consigliabile eseguire un test apposito prima di sottoporsi al tatuaggio.
Ci sono anche minimi rischi di shock anafilattico nei soggetti ipersensibili.
Vi sono anche rari casi di rigetto dell'inchiostro, con conseguente danneggiamento estetico permanente della zona interessata, sarebbe quindi buona norma sottoporsi a test specifici prima di tatuarsi, almeno per la prima volta.

Etica del tatuatore  

Un tatuatore ha il compito di iscrivere sulla pelle in modo indelebile un disegno. Per la responsabilità conferitagli, egli deve essere persona coscienziosa e con profonda conoscenza del mestiere. Un tatuatore serio, informa dettagliatamente il cliente sui rischi e gli oneri che comportano le sedute che servono a realizzare un lavoro.
Al cliente che si reca per la prima volta nello studio di un tatuatore professionista viene dato un questionario igienico sanitario da compilare. Inoltre un tatuatore serio si preoccupa di capire quali siano le vere motivazioni del cliente ed evitare che questi, mosso da motivazioni passeggere o poco rilevanti, si sottoponga ad un trattamento del quale poi potrebbe pentirsi.
Dal punto di vista igienico, il cliente va informato sui metodi adottati dallo studio per la sterilizzazione e la pulizia di ambienti e strumenti.
Il sistema di sterilizzazione preferibile di gran lunga è il vapore saturo ottenuto con autoclavi.
Le autoclavi vanno testate regolarmente ed i test conservati nello studio ed esibiti ai clienti.
Il tatuatore deve indossare guanti, camice e mascherina.
Ogni cultura, che sia essa polinesiana o giapponese, assegna ad ogni simbolo un significato ben preciso, sarebbe quindi cura almeno di uno dei soggetti in questione informarsi riguardo al significato di ciò che si vuole eseguire. È da ricordare che nelle società tradizionali l'uso improprio del simbolo rasenta il sacrilegio.

Principali stili di tatuaggio 

·        Old school
I tatuaggi "old school" sono caratterizzati dalle linee nette e squadrate, dall'uso massiccio del nero e dalla colorazione piatta e senza sfumature. I soggetti dei tatuaggi "old school" sono quelli della tradizione europea e americana: rosepugnalicuori sacripin up e simbologie marittime come sireneancore e navi.





·        New school 
I tatuaggi "new school" si rifanno alla "vecchia scuola" ma esasperandone le caratteristiche, quindi linee ancora più grosse e colori super luminosi. Caso particolare sono le pantere nere. Per anni uno dei classici della tradizione americana, sono state per un periodo considerate simbolo di maschilismo e machismo e pertanto boicottate da una parte del mondo del tatuaggio. Ultimamente in concomitanza della nascita del genere "new school" vi è stata una riabilitazione ed è facile vedere delle reinterpretazioni del genere.


·        Realistico 
I tatuaggi "realistici" sono copie della realtà; possono riprodurre ambienti, oggetti, animali e addirittura ritratti di persone e volti. Questo genere di tatuaggio è caratterizzato dall'assenza di linee di contorno e dalla lavorazione delle sfumature su più livelli di colore, questo per dare all'immagine ritratta una visione il più reale possibile.




·        Tribale 

Tribale è il nome che viene dato a quella categoria di tatuaggi che si è affermata a partire dai primi anni novanta e che si basa sui tatuaggi tradizionali degli indigeni delle varie isole del Pacifico (SamoaIsole MarchesiHawaii), dei Dayak del Borneo, dei Maori della Nuova Zelanda e dai Nativi Americani.
Lo stile tribale è caratterizzato da disegni astratti, formati da linee dalla silhouette molto marcata, di solito riempiti totalmente di nero. Spesso i disegni vengono effettuati in maniera tale da enfatizzare le linee naturali del corpo e della muscolatura. È altrettanto diffusa l'utilizzo di linee molto intricate e con disegni geometrici ripetuti che rappresentano la reinterpretazione di flora e fauna o elementi naturali, specialmente fuocoaria e acqua.


·        Polinesiano



·        Giapponese 

In giapponese i tatuaggi sono chiamati irezumi (“ireru” inserire “sumi” inchiostro nero) o horimono (“horu” inscrivere “mono” qualcosa); per precisare la tecnica tradizionale giapponese è detta "Tebori".
L'irezumi in origine era praticato come mezzo punitivo (es. marchiatura per criminali, schiavi o prigionieri di guerra) ed era in contrapposizione con il tatuaggio a scopo decorativo chiamato gaman (che vuol dire pazienza). La nascita della cultura istruita e borghese, a partire dal XIX secolo, ha fatto evolvere il tatuaggio giapponese con disegni e stili unici che prendevano spesso spunto dalle decorazioni dei kimono, dagli abiti dei samurai o da abiti da cerimonia. L'irezumi ha la caratteristica di coprire spesso gran parte della superficie del corpo, anche se in genere sono escluse mani, piedi e testa. Il tatuaggio horimono nella sua forma attuale si è sviluppato a fine Ottocento, ed ha subito fasi alterne di popolarità, essendo stato proibito e riammesso nella legalità più volte. Era una decorazione tipica di quella fascia della società giapponese chiamata "mondo fluttuante", che comprendeva prostitute, giocatori d'azzardo, malviventi, piccoli commercianti, ma soprattutto era diffuso tra i pompieri, i mafiosi e i lavoratori di fatica; presso la classe "alta" ed i samurai era molto raro trovarne esempi. I più classici disegni del tatuaggio tradizionale giapponese sono:

-         dragoni,
-         Fudomyo-O, versione giapponese della divinità buddhista Acalanatha, versione furiosa del Buddha
-         shishi, raffigurazione stilizzata e mitologica del leone
-         le carpe koi, simbolo di perseveranza e coraggio
-         maschere hannya, ovvero maschere demoniche usate nel teatro giapponese, ritratte nei tatuaggi con valore apotropaico
-         hebi, serpente simbolo di coraggio
-         caratteri di scrittura bonji, che vengono utilizzati nel bhuddismo esoterico giapponese ideogrammi
-         versetti, citazioni o intere parti di sutra buddisti
-         uccello hou-ou, simile alla fenice occidentale
-   fiori di ciliegiosimbolo della della vita umana
-         Kilin o kirin, animale mitico con valore di portafortuna
-         kiku, fiori di crisantemo
-         botan, fiori di peonia
-         fiori di loto
-         raffigurazioni tratte dalle stampe ottocentesche Ukyo-e

Questi temi vengono spesso abbinati secondo combinazioni classiche, ad esempio il dragone viene preferibilmente raffigurato insieme al crisantemo; il leone viene preferibilmente tatuato insieme alla peonia, creando così un abbinamento classico dal nome "kara-jishi"; le maschere hannya vengono preferibilmente abbinate ai serpenti ed a simboli buddisti, come il loto e il rotolo dei sutra, oppure a petali e fiori di ciliegio.


·        Giapponese tradizionale "Horimono"






·        Giapponese New School








·        Biomeccanico

Ispirato ai lavori di Hans Ruedi Giger questo tipo di tatuaggi ha avuto il suo momento di gloria negli anni ottanta e nei primi anni novanta.
I tatuaggi biomeccanici di solito rappresentano creature composte da organi o membra umane fusi indissolubilmente con parti meccaniche.



·        Lettering 

Stile di tatuaggio in cui delle parole o frasi sostituiscono o integrano i disegni. Di solito vengono scritti il nome del proprio partner, dei genitori,frasi di canzoni messaggi politici o motti di varia natura.



Motivi sociali e antropologici 

Il tatuaggio evoca sicuramente un’ampia gamma di reazioni. Nessuno di noi può infatti evitare lo sguardo e i pensieri di tutte le persone con le quali quotidianamente convive. Sicuramente possiamo essere disinteressati dell’opinione altrui, ma non possiamo cancellare il fatto che facciamo parte di un gruppo, piccolo o grande che sia, siamo comunque parte di una società.
Le motivazioni per cui oggi ci si tatua sono molto distanti da quelle che per mezzo del tatuaggio contrassegnavano l’individuo come membro o non membro di una determinata tribù. Tali forme artistiche erano non solo espressioni per celebrare l’io individuale o il proprio corpo ma avevano legami più intimi relativi a convinzioni religiose, spirituali e magiche. In questi casi però molto spesso l’individuo non era libero né di decidere di essere “marchiato” o meno, né tantomeno di scegliere i motivi decorativi. Pensiamo ad esempio alla tribù Dinka nel Sudan meridionale, in cui le giovani donne sono obbligate a sottoporsi ad alcuni riti che marcano ogni tappa della loro vita: dalla fertilità al matrimonio, dalla maternità alla menopausa.
Esse vengono segnate fin dalla loro giovinezza dalla terribile pratica della clitoridectomia e dalla scarificazione. Differente per tecnica ma non meno dolorosa è la forma estetica per rispecchiare il proprio status, a cui si sottopongono le donne di alcune tribù delle montagne della Birmania. Obbligatorio per le donne Kayan è infatti il rimodellamento di collo e di gambe attraverso l’uso di pesanti anelli metallici.
Come per il tatuaggio anche per il piercing sembriamo dimenticarci che le varie tribù hanno in realtà dei motivi diversi che vanno ben oltre il semplice desiderio di decorarsi. Per esempio il piercing nella medicina ayurvedica, così anche come nell’agopuntura, si segue per ogni foro la mappa di alcuni punti ben precisi, per cui ogni perforazione è finalizzata espressamente a stimolare una determinata reazione.
I fori nelle narici delle donne dell’India, (e di altri stati confinanti come il Bangladesh, il Pakistan), seppur ancora è diffusa la convinzione che essa abbia solo una funzione estetica, in realtà i sottili gioielli al naso sarebbero il simbolo di sottomissione. E se molte donne indiane rifiutano oggi questa perforazione simbolica, molte adolescenti occidentali fanno una scelta che forse non apprezzerebbero se conoscessero fino in fondo i veri significati.
Se il tatuaggio ad ago e il piercing rientrano nella categoria delle pratiche invasive, il bodypainting può essere collocato nella categoria delle decorazioni temporanee. Fra gli aborigeni australiani il bodypainting è utilizzato per assolvere ad una funzione rituale. È proprio la scelta individuale che rende le pratiche tribali molto lontane dal mondo occidentale, la totale libertà di scelta su quando, dove e come applicare il marchio scinde le due culture.
Ad esempio i tatuaggi sul viso e sul collo sono molto rari nel mondo urbanizzato, oltre ad essere zone particolarmente dolorose, vi sono motivi sicuramente più forti, come i motivi psicologici e sociali che spingono a lasciare pulite queste parti, in quanto sono continuamente esposti allo sguardo degli altri.
Nuovamente ci troviamo però a ricorrere ad un’eccezione di tipo tribale. Infatti tra gli uomini Maori è molto diffuso il Moko. Esso è un disegno personalizzato, creato individualmente e pensato nei minimi dettagli per adattarsi sia alla fisionomia, sia al carattere dell’uomo Maori che lo indosserà a vita. Per quanto riguarda le donne invece, esse sul mento portano un tatuaggio di tradizione familiare, è un po’ come aver scritto il proprio cognome, o aver il simbolo del proprio stemma di famiglia. Tra queste popolazioni i tatuaggi sul volto costituiscono un profondo linguaggio simbolico. Stessa cosa la possiamo individuare nelle gang metropolitane, in cui i marchi di riconoscimento rappresentano contemporaneamente sia un rito di iniziazione, sia un simbolo di chiara appartenenza, basta pensare alle più famose gang americane, il Barrio 18th e Mara Salvatrucha 13°.
In Antropologia strutturale Claude Levi Straussde scrive come l’uomo fin dall’antichità abbia sentito l’impulso di abbellire non solo gli oggetti intorno a sè, ma soprattutto il proprio corpo. A conferma di tale tesi vi sarebbe il ritrovamento di alcuni utensili di epoca preistorica che si pensa fossero stati utilizzati per praticare un tatuaggio.
Il Body painting, la scarificazione e il tatuaggio, sono da considerarsi arti antichissime, nate allo scopo non solo di soddisfare un impulso individuale, bensì un impulso con connotazioni e risvolti sociali, tanto da poter parlare di atto sociale primitivo.
 Nel ‘900 però nelle società occidentali il tatuaggio non viene più considerato espressione di arte e di libertà, ma viene associato ad un disordine morale. Il tatuaggio inizia a dilagare tra i ceti più bassi: malavitosi, carcerati e marinai, tanto da diventare un vero e proprio simbolo di appartenenza alla criminalità. È solo con gli anni ’60-80 con il dilagare della controcultura che il tatuaggio affascina chi sceglie di stupire e porsi in alternativa alla mentalità comune, ricordiamo i punk e i bikers per i quali era espressione di ribellione e rabbia. Tornando ai motivi per cui ci si tatua sembra ci sia un’apertura verso un’epoca più aperta ai cambiamenti, un’epoca molto più ricettiva. Oggi si sceglie come autentica celebrazione dei propri gusti e del proprio modo di essere, oltre che manifesto dei propri personali eventi di vita. Il tatuaggio può essere considerato come una cicatrice del proprio sentire. Oggi ci si tatua per tirare fuori quello che si ha dentro trasformando il proprio corpo come strumento di comunicazione, vi è una sorta di riappropriazione di esso. Il tatuaggio come è stato riportato sopra, è stato utilizzato con finalità diversissime, e ancor più vari sembrano essere i motivi che hanno contribuito allo sviluppo di questa antichissima pratica.



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